L’ambito soggettivo

- Obiettivo del legislatore era quello di disciplinare compiutamente le fattispecie della crisi e dell’insolvenza del debitore, indipendentemente dalla sua qualificazione come imprenditore, consumatore o professionista.
- Tale obiettivo non è stato, però, completamente conseguito.
- Il codice difatti si applica all’“impresa”, che esercita, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, come persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo o gruppo di imprese, ma prevede delle eccezioni per le società pubbliche e le grandi imprese.
- Più precisamente, le società pubbliche, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici, sono disciplinate dalla riforma, ma sono fatte salve le disposizioni delle leggi speciali.
- Sono, invece, escluse dal codice della crisi le grandi imprese, soggette all’amministrazione straordinaria, e le imprese soggette alla liquidazione coatta amministrativa.
- Costituisce una novità della riforma la regolamentazione della crisi o dell’insolvenza del gruppo di imprese, per il quale il legislatore ha elaborato una procedura unitaria. A tal riguardo, lo stesso legislatore, richiamando l’art. 2497 c.c. e l’art.2545 septies c.c., definisce il “gruppo di imprese come l’insieme delle società, imprese ed enti, che esercitano o sono sottoposti all’attività di direzione e coordinamento, laddove – e in questo si è discostato del tenore letterale delle disposizioni codicistiche – l’attività di direzione e di coordinamento può essere svolta anche da una persona fisica, oltre che da una società o da un ente.
- La riforma è applicabile al professionista e al consumatore.
- Il codice recupera la definizione di “consumatore” del codice del consumo, quale persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale, eventualmente svolta, e la estende anche alla persona fisica che sia contemporaneamente socia di una società di persone, purché i debiti siano estranei a quelli sociali.
- Il codice non chiarisce, invece, cosa si intende per “professionista”. E’ però plausibile riferirsi alla nozione desumibile dal codice civile, quale soggetto che esercita un’attività, caratterizzata in prevalenza dall’elemento intellettuale rispetto a quello materiale, e che non è esercitata nell’ambito di un’attività d’impresa.
- La riforma, infine, classifica le imprese sotto un profilo dimensionale, distinguendo le imprese minori dalle imprese non minori.
- In particolare è definita ”impresa minore” l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a euro 300.000 (nei tre esercizi precedenti antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale); ricavi complessivi annui non superiori ad euro 200.000 (nei tre esercizi precedenti); debiti anche non scaduti non superiori ad euro 500.000.
- L’impresa non minore si definisce a contrario.